
Articolo apparso su http://www.nellanotizia.net in data 19/04/2023
Nelle visioni artistiche intrepide di Anna Laura Longo il suolo è visto anzitutto come un approdo, ma anche come un luogo di negoziazione poetica o cyber-poetica. Esso è in grado infatti di determinare rivolgimenti inusitati, essendo propriamente uno spazio di attraversamento ma anche di condensazione, su cui instaurare – o cogliere – avvincenti azioni. Queste ultime potranno essere collegate a loro volta con deviazioni e dirottamenti racchiusi dentro un alone di vera e propria emergenza. D’altra parte il suolo può configurarsi anche come un’area di sommovimento. E così sulla scorta di tali assunti non cessa di svilupparsi l’indagine avviata da Longo poco meno di un anno fa, che vede l’epidermide come una superficie incantatoria, paragonabile per l’appunto a un suolo e grazie a cui agire radicalmente in senso artistico e performativo. Un’epidermide inscrivibile dunque nel solco di una vera e propria drammaturgia. Gli esiti di questa ricerca arriveranno a Madrid a fine aprile 2023 e sarà in particolare il terzo esemplare di Exfoliación2 ad essere proposto. Il lavoro, che si configura come libro-organismo polimaterico, resterà in visione nel Centro Documentación del Museo Reina Sofia. Il tutto arricchito da un testo esplicativo in lingua spagnola.
Già nelle pagine della raccolta poetica intitolata Questo è il mese dei radiosi incarnati del suolo ( Oèdipus) si prospettava un’interessante aerazione del terreno attraverso il rivolgimento delle zolle e veniva infatti portato alla ribalta un collegamento speciale con il processo di aratura. Si delineava in quel caso una strabiliante e poetica “aratura del tempo”, all’interno di piantagioni mutevoli del quotidiano. In seguito, nel maxi libro-organismo realizzato in materiali ovattati e titolato Atterraggio lunare, l’artista ha iniziato invece a dare forma a un suolo lunare, con crateri fagocitanti e con micro- zone fatte oggetto di lacerazioni, integralmente incentrate sul bianco. Ora l’attenzione, e dunque lo sguardo e l’azione, si muovono come già detto verso la cute, che assume così le fattezze di un osservatorio, su cui allestire o imprimere gesti e, più esattamente, pseudo-scritture. Queste ultime si ritrovano ad esser circondate dai riflessi che sono propri di un’enigmatica vicissitudine. L’artista lavora sul meccanismo di esfoliazione in modo articolato e come sempre complesso, creando un ponte fantasmagorico tra pelle e pagina e stabilendo tra le due superfici una decisiva e – nello stesso tempo- flessibile consequenzialità. La messa in forma dei materiali gelatinosi prescelti, essiccati e poi incollati e modificati dal punto di vista delle colorazioni, coincide con una delocalizzazione dall’atto scrittorio. Le scritture pertanto si trasformano in nuclei materici davvero imprevedibili e apertamente difformi: quelli che vengono plasmati sono dunque dei corpuscoli aleatori, depositati e fissati sulla carta o su ulteriori supporti a volte molto imprevedibili. Le significazioni volta per volta si apprestano a “galleggiare” dinanzi allo sguardo o, al contrario, finiscono per depositarsi enigmaticamente. Un brano pianistico, intitolato Musica striata, arricchisce l’insieme. Esso consente di stabilire un approccio non solo visivo ma anche uditivo. La ricerca sonora sfrutta prevalentemente la cordiera, seguendo dinamiche molto grintose ma, a tratti, incantatorie.
Da un punto di vista progettuale il lavoro è certamente lontano da ogni forma di staticità e, più che altro, risulta essere proiettato verso una ricchezza di direzioni e interpretazioni possibili.

